“…Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto?
Su chi contiamo ancora?
Siamo dei sopravvissuti, respinti via dalla corrente?
Resteremo indietro, senza comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi.
Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua.”
(Bertold Brecht – A chi esita)
Ormai è partito il conto alla rovescia per i miei primi 40 anni. Mica voglio fare un bilancio della mia vita ma una qualche riflessione bisognerà pur farla e dato che nella mia vita privata sono uno splendido e infallibile (! ^_^ !) papà cercherò di ragionare sulla mia vita sociale.
Sono millenni che (almeno credo) sono una persona impegnata, una persona che cerca di combattere per un mondo migliore. Negli anni l’ho fatto da studente medio contro la guerra, da universitario contro i vari Gulliver che si fregano ambiente e diritti. Ho scoperto il potere della nonviolenza. Una volta tornato a vivere in Trentino ho imparato a rifuggire il sogno di rivoluzioni oceaniche e a preferirgli la forza preziosa dei piccoli gruppi. Sono i periodi dell’impegno locale con Impronte. Periodi in cui finalmente ho cominciato ad applicare il detto “agire localmente” e m’è piaciuto anche scoprirmi a “pensare localmente”.
Periodi questi costellati dalla certezza, dal sapere ciecamente di essere dalla parte del giusto, periodi del “senza se e senza ma”…
L’esperienza di Impronte poi avevamo deciso assieme di farla confluire dentro la formazione di un nuovo partito, un partito (quello Democratico) che ci sembrava potesse garantire un approdo felice alle nostre idee e che potesse esserne il portatore (assieme a quelle di altri) senza schiacciarci come tipicamente fanno i partiti.
Quasi subito quel partito ha schiacciato il nostro gruppo pieno di idee (o forse, sbagliando, eravamo noi che pensavamo di schiacciarlo e di imporre una nostra filosofia e abbiamo solo perso…). Il gruppo di amici si è disgregato in litigi se fosse meglio questa o quella corrente legata a questo o quel personaggio nazionale, provinciale, locale…
… e la forza preziosa di quel piccolo gruppo ora non c’è più.
Da quell’esperienza io sono uscito finalmente dopo poco meno di 2 anni con parecchie botte e la precisa sensazione che la vita di partito non faccia per me. Ci sono amici Vendoliani che hanno provato (e stanno provando) a dirmi che in Sel è assolutamente diverso, ma la mia impressione è che io stia meglio fuori da un partito…
A parte questa sana certezza sul mio rapporto con i partiti e l’intramontabile amore per le amiche e gli amici del Movimento Nonviolento (dentro il quale continua il mio sano attivismo) e per il messaggio che cerchiamo di vivere e portare, qualche bella lotta locale e Politica Responsabile, un lungimirante progetto volto a portare dialogo e contenuti dentro il dibattito politico, la mia attuale vita politica è contrassegnata da un solo termine: SPAESAMENTO.
Se prima sentivo in me la suprema verità di stare dalla parte del giusto ora non riesco manco a fare l’alternativo che sta “dalla parte del torto”, semplicemente non so dove sono, non so posizionarmi. Questo non significa che io non prenda posizione, anzi, ma mi sento cane sciolto…
Ormai politicamente mi definisco SPAESATO. La mia condizione è questa: se penso a PD, SEL, Renzi, Civati, Epifani, Vendola, a questa legge elettorale, a quella riforma economica, insomma se penso al “fare politica”, agli strumenti per farla, alle persone che la fanno e ai contenuti che questa porta e/o dovrebbe portare io mi ritrovo spaesato.
Ma se il problema fosse solo nelle persone “pubbliche” o nei partiti in cui (non) credere sarebbe relativo. Il problema sta nella sensazione di sentirsi isolato, incompreso, nel sentirsi inadeguato (e questo anche rispetto alla tanto decantata “società civile”).
C’è la sensazione spiacevole di non comprendere la semplificazione giornalistica e populista che ormai caratterizza tutti noi,
c’è il non ritrovarsi più nelle troppe parole d’ordine che circolano in questi ultimi periodi compreso quel famoso “se senza e senza ma” che era parte integrante della mia cultura,
c’è il rendersi conto che l’immensa mole di ragionamenti che ti investono quotidianamente ti lascia perplesso, scocciato, distaccato,
c’è il non avere risposte alle tue troppe domande.
La cosa preoccupante è che tutto questo mi piace!
“Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. ”
(Giacomo Leopardi – L’infinito)